Intervento in Aula su legge finanziaria 2008 (III lettura)

Aula Senato della Repubblica
Resoconto stenografico - seduta n. 269

Discussione generale esame congiunto dei disegni di legge: (1818-B) Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e bilancio pluriennale per il triennio 2008-2010 e (1817-B) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)

DONATI (IU-Verdi-Com). Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevole relatore, colleghe e colleghi, il disegno di legge finanziaria che torna in quest'Aula dopo il passaggio alla Camera dei deputati contiene significative modifiche nel campo dei trasporti, delle ferrovie, dell'autotrasporto. Ebbene, devo dire che in alcuni casi si tratta di misure positive, in altri invece di misure che richiederanno correzioni ed anche qualche valutazione politica.

Voglio partire subito dall'innovazione positiva contenuta nella norma sulla quale (voglio ricordarlo) anche qui al Senato, prima in Commissione bilancio e poi qui in Aula, avevamo richiesto una svolta per il sostegno al trasporto pubblico locale. Questo punto di svolta è arrivato con un emendamento presentato alla Camera dal Governo, che dopo aver a lungo trattato e discusso con le città e le Regioni, nonché con le imprese di trasporto pubblico locale, ha finalmente avanzato una proposta stabile per dare sostegno e sviluppo a questo settore, di cui abbiamo fortemente bisogno per offrire ai cittadini un servizio migliore e nel contempo decongestionare le città dall'assedio del traffico motorizzato.

Voglio ricordare che la misura che è arrivata al nostro esame in prima lettura conteneva già una quota significativa (500 milioni di euro) per il trasporto pubblico locale, ma il suo limite era proprio quello di essere destinata ad una sola annualità, quindi in futuro suscettibile di scelte diverse, e comunque oscillante sulla base delle risorse effettivamente disponibili. Con l'emendamento che è stato presentato alla Camera dal Governo e che adesso è contenuto nella norma al nostro esame si assicura, attraverso la compartecipazione dell'accisa sul gasolio che devono effettuare le Regioni, un fondo stabile per lo sviluppo del trasporto pubblico locale. Questo ammontare di risorse sarà pari a 1.748 milioni di euro nel triennio 2008-2010; dal 2011 tale compartecipazione sarà definita con un decreto, entrando quindi a pieno regime.

Si tratta di una misura positiva, che naturalmente non è esente da qualche rischio sull'efficienza della spesa, nel senso che nello stesso articolato al nostro esame si prevede l'istituzione di un osservatorio per vigilare sulla qualità della spesa. Se infatti tali risorse non si traducessero in un'efficienza dei costi per il servizio pubblico locale, in un effettivo sviluppo di offerta del servizio, nonché in un miglioramento della qualità e dell'innovazione dello stesso, naturalmente non avremmo ottenuto quello che con la norma ci ripromettiamo di fare. In questo senso, sono certa che la maggior parte delle Regioni vive e si impegna perché il trasporto pubblico locale vada in questa direzione.

Questi sono anche gli impegni che le Regioni hanno assunto alla cabina di regia a Palazzo Chigi, ma credo che serva di più e che occorra un quadro di regole, da discutere in Parlamento con il disegno di legge che il Consiglio dei ministri avrebbe già approvato, proposto dal Ministro dei trasporti, proprio per definire un percorso di efficientamento e sviluppo del servizio.

Se dal lato delle risorse con questa misura tale percorso trova un'adeguata e stabile copertura, un punto di svolta per il nostro Paese e per le nostre città, al contempo occorre che ci sia siano garanzie reciproche sulla qualità e l'efficienza di questa spesa, all'interno di un quadro di regole definito.

Il secondo tema che vorrei affrontare, che è stato modificato nell'iter alla Camera, riguarda le ferrovie. Innanzitutto, desidero ricordare che all'articolo 2, comma 252, si destinano maggiori risorse (104 milioni di euro) al contratto di servizio per la media e lunga percorrenza. Con queste risorse, si afferma che si eviterà il taglio dei treni di media e lunga percorrenza, previsto da parte delle ferrovie nei prossimi mesi, a partire dal 1° gennaio. Questa è naturalmente una notizia positiva.

Non positivo - lo voglio segnalare - è che anche con questa manovra restano irrisolti due temi che pure, anche nel passaggio al Senato, avevamo segnalato al Governo. Da un lato, mancano risorse per i contratti di servizio del trasporto regionale, tema sostanzialmente rinviato al 1° aprile; inoltre, anche qui pendono annunci di tagli in assenza di compensazioni da parte del Governo nei confronti delle Ferrovie dello Stato che deve esercire questo servizio. Di conseguenza, se da un lato abbiamo risolto un problema, non abbiamo ancora risolto - e mi auguro che nei prossimi mesi ciò avvenga - il problema dello sviluppo del trasporto regionale ferroviario.

Il secondo tema che invece è stato agitato come una buona proposta contenuta nella finanziaria, che invece non corrisponde a realtà, riguarda le risorse per l'iniziativa dei "mille treni per i pendolari". Dopo aver investito sulle reti, mentre sono in corso gli investimenti sui nodi (che hanno ancora un certo ritardo), nonché la velocizzazione di alcune linee del Mezzogiorno, tali misure, senza nuovi treni per i pendolari, non sono destinate a trasformarsi in aumento di volumi del servizio offerto ai cittadini. Ciò nonostante il fatto che il piano industriale, che Ferrovie dello Stato ha presentato al Governo, e che è ancora in attesa di un confronto e di un'approvazione, preveda uno sviluppo di questo segmento intorno al 23 per cento.

Tutte queste ipotesi di sviluppo, che naturalmente sarebbero molto positive perché abbiamo bisogno di dare alternative all'abuso dell'automobile per i cittadini e le imprese, non avranno in realtà riscontro, al di là di ciò che sta scritto nei piani, se non si avvierà il piano di acquisto dei mille treni per i pendolari. Avevamo segnalato al Senato questa grave carenza. Alla Camera sono state risolte alcune questioni legate alle ferrovie, ma quella riferita all'avvio di risorse per l'acquisto dei treni per il trasporto dei pendolari non si è ancora avviata a soluzione. Quindi, esorto nuovamente il Governo ad individuare nei prossimi mesi una soluzione e a trovare risorse adeguate, altrimenti tutti gli sforzi che si stanno facendo nel campo degli investimenti ferroviari, per i quali ormai la spesa annua si attesta intorno ai 7-8 miliardi di euro circa - dunque una spesa molto ingente per le casse dello Stato - senza un adeguato sostegno a mezzi innovativi, puliti, più efficienti e confortevoli per i cittadini che usufruiscono del trasporto ferroviario, non daranno i loro frutti.

Voglio poi ricordare quanto è accaduto con il comma 253 dell'articolo 2, relativo al delicato tema delle liberalizzazioni delle ferrovie. Innanzitutto, non posso fare a meno di ricordare e anche di stigmatizzare questo modo di procedere, ricordando che una norma di analogo tema è contenuta all'articolo 13 del disegno di legge Bersani, sul quale sono stati presentati emendamenti, svolte riunioni anche con il Governo per segnalare la necessità di correggere quel testo e di integrarlo, proprio per garantire un processo di liberalizzazione regolata nel settore del trasporto ferroviario che faccia in qualche misura premio di clausole di coesione sociale e quindi di una valutazione ponderata su cosa accade. È un tema di impatto economico, sociale ed aziendale straordinario, che dunque richiede una accurata valutazione rispetto alla quale si era sostanzialmente arrivati ad un buon risultato.

Ecco invece che con il comma 253 dell'articolo 2 della finanziaria al nostro esame si fa piazza pulita del passato e si dimentica, per introdurre invece una norma molto secca secondo cui entro trenta giorni il Ministro dei trasporti individua i servizi di trasporto ferroviario che rendono, da liberalizzare, nonché quelli che non rendono da sottoporre invece a contratto di servizio pubblico, con tempi molto rapidi e una separazione netta tra servizi remunerativi e servizi non remunerativi. Tutto ciò senza definire un quadro di regole articolato e un dibattimento pubblico in base al quale portare a compimento questo percorso di selezione e assumere certe decisioni, che poi sono le stesse di cui si stava discutendo all'articolo 13 del disegno di legge Bersani.

Già nella Commissione di cui faccio parte, e successivamente in Commissione bilancio, si è sollevato un coro di giuste proteste, che io stesso ho condiviso, volto ad esprimere un parere critico su questo comma e a chiedere al Governo, sulla base di un ordine del giorno approvato da entrambe le Commissioni, di attivare da un lato l'indagine conoscitiva ma non di assumere le conseguenti decisioni, per cui dovremo invece applicare ed approvare in tempi rapidi il nuovo testo dell'articolo 13 con le dovute correzioni in corso di valutazione.

L'obiettivo, e lo dico anche a nome del mio Gruppo, non è quello di contrastare le liberalizzazioni nel settore del trasporto ferroviario, bensì di promuoverle in un quadro di regole sostenibili per i lavoratori e per evitare distorsioni della concorrenza, come nel caso delle clausole di coesione sociale. Ciò è possibile guardando anche ad esperienze di altri Paesi. Cito il caso famoso della Germania, dove le tratte deboli, quelle che secondo questa norma dovrebbero restare a carico del servizio pubblico, sono state liberalizzate mettendo a gara il sussidio. La liberalizzazione ha interessato il 15 per cento della rete locale in Germania e ha dato ottimi risultati sul piano dei costi, del miglioramento del servizio e anche su quello della risposta dell'utenza al miglioramento intervenuto. Non è un risultato scontato, che richiede una discussione delicatissima, ancora da svolgere in un quadro di regole condivise, su cosa si debba liberalizzare nel nostro Paese.

Naturalmente, so bene che c'è una forte attenzione dei privati al trasporto ferroviario profittevole e di questo non solo non mi stupisco, ma comprendo anche le ragioni. Credo che di per sé sia positivo che investitori privati, che fino ad oggi hanno ritenuto il trasporto ferroviario un settore sostanzialmente da chiudere e per nulla significativo in termini di offerta di servizio ai cittadini e alle imprese, trovino nel 2007 di nuovo interessante reinvestirvi, ritenendo quindi meno interessante investire solo nell'autotrasporto e nello sviluppo del trasporto stradale.

Se da un lato questo processo è positivo e va incoraggiato, dall'altro credo che chi regola la cosa pubblica debba individuare un sistema di liberalizzazioni in cui la convenienza privata stia all'interno di un quadro di regole d'interesse generale e pubblico che viene pienamente difeso, condiviso ed esercitato in tutta la sua interezza. In questo senso chiedo quindi anch'io al Governo di non attuare, in qualche modo, quella parte della norma e invece di accelerare la discussione sull'articolo 13 del disegno di legge Bersani.

Voglio ora fare una riflessione insieme a voi sul tema dell'autotrasporto. Il testo al nostro esame aggiunge 50 milioni di euro, che sono il risultato del blocco irresponsabile esercitato dal mondo dell'autotrasporto, che (come è noto) veicola circa l'80 per cento delle merci del nostro Paese e che purtroppo ha la straordinaria capacità di piegare chiunque, inclusa la politica.

Se da un lato ho censurato il metodo di lotta utilizzato, che ha paralizzato il Paese, voglio però ricordare che alcuni temi che vengono posti da quel mondo sono giusti. Quando il Governo Berlusconi approvò la norma che liberalizzava completamente le tariffe ed anche il quadro di regole in cui esercire l'autotrasporto, l'opposizione (tra gli altri anche il mio Gruppo) presentò numerosi emendamenti, anche in questo caso proprio per andare verso una liberalizzazione regolata, inserita in un quadro di regole in cui la strategia fondamentale era costituita dal principio che le tariffe dovevano avere una loro progressione, proprio in relazione al fatto che per la lunga distanza doveva essere viceversa incentivato il trasporto via mare e ferroviario: si trattava di adottare una certa coerenza di regole per non sfruttare chi esercita il lavoro di autotrasportatore e, dall'altra parte, per definire una politica di trasporti coerente nel quadro degli incentivi.

Peccato (voglio ricordarlo in quest'Aula) che tutti quegli emendamenti furono bocciati - sono andata a rileggermi i Resoconti - con il parere contrario di Uggè, presidente della FAI (Federazione autotrasportatori italiani), che qualche giorno fa era alla testa del blocco dell'autotrasporto nel chiedere un cambio delle regole che lui stesso invece aveva approvato e difeso durante il Governo Berlusconi.

Credo quindi che dovremo rimettere mano a questo settore e chiedo al Ministro dei trasporti che si proponga un quadro di regole che sia al contempo una tutela, per così dire, contro lo sfruttamento (quindi anche con riflessi rispetto alla responsabilità delle imprese), nell'ambito di un quadro coerente di politica dei trasporti. Si deve smettere di adottare incentivi a pioggia (come si continua a fare anche con questa manovra finanziaria), che non servono al mondo dell'autotrasporto: magari serviranno pure a sciogliere i blocchi stradali, ma non servono in prospettiva.

Concludo ribadendo che alcune misure al nostro esame sono senz'altro positive. Su altre misure credo sarà opportuno chiedere nuovi e maggiori impegni al Governo, nonché un quadro di regole che si iscriva nel percorso di quelle liberalizzazioni che vedano come tema principale l'istituzione di una Authority dei trasporti. Si tratta, quindi, di un quadro molto più complesso e regolato di una liberalizzazione selvaggia, che in realtà, poi, nel nostro Paese non sarebbe assolutamente possibile assecondare.

 


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