Mozione sul ruolo della donna nelle trasmissioni televisive

Mozione
Atto n. 1-00136

Pubblicato in data 12 settembre 2007
Seduta n. 211

FRANCO Vittoria, FINOCCHIARO, ZANDA, AMATI, BINETTI, CARLONI, DONATI, FONTANA, GIAMBRONE, LIVI BACCI, MONGIELLO, NEGRI, PELLEGATTA, PIGNEDOLI, PISA, ROSSA, RUBINATO, SERAFINI, SILVESTRI, SOLIANI, BARBOLINI, SCALERA, LATORRE. – Il Senato,

        premesso che:
            un’indagine del Censis del 2006, svolta nell’ambito del progetto europeo «Women and Media in Europe», ha dimostrato come l’immagine della donna offerta dalla televisione italiana sia stereotipata e molto spesso non corrispondente all’effettivo ruolo ricoperto dalle donne nella realtà della vita quotidiana;
            dall’indagine, durata due anni, che ha considerato i generi televisivi dell’informazione, dell’approfondimento, della cultura e dell’intrattenimento attraverso l’analisi dei contenuti di 578 programmi televisivi sulle sette emittenti nazionali (Rai, Mediaset, La7), è emerso in modo inquietante come l’immagine della donna sia soprattutto quella della «donna dello spettacolo», patinata, sempre giovane e di bell’aspetto;
            lo spazio offerto alla figura femminile è di solito ampio, ma generalmente «gestito» da una figura maschile: di conseguenza le donne, pur essendo spesso protagoniste della situazione o della vicenda rappresentata, lo sono nel ruolo di «oggetto» del racconto;
            falsata ed edulcorata è poi la rappresentazione del mondo femminile: non si parla quasi mai delle donne impegnate nella politica (6,4%), delle donne anziane (che sembrano essere solo il 4,8% delle donne), delle donne disabili, così come solo nel 9,6 dei casi la donna sembra appartenere ad un ceto medio-basso. Lo status sociale rappresentato prevalentemente è quello medio-alto cui appartengono solo donne ben vestite e truccate, attente alla cura dell’aspetto fisico;
            nei programmi di intrattenimento il conduttore è quasi sempre un uomo (58%) mentre della donna, mostrata in abiti succinti, si sottolineano le «doti» della giovinezza, bellezza, malizia e spregiudicatezza e solo nel 15,7% dei casi le doti artistiche, culturali o le qualità umane;
            al contrario, nei programmi di informazione la donna compare soprattutto all’interno di servizi di cronaca nera (67,8%), protagonista di vicende drammatiche in cui appare o come vittima di violenze, stupri e prevaricazioni, o come «carnefice» (basti pensare a tutta la serie di «madri assassine» di cui la cronaca ha parlato negli ultimi anni), vicende in cui i particolari più macabri o scabrosi sono dati in pasto al pubblico in una difesa ipocrita del «diritto di cronaca»;
            ciò crea un’immagine della donna divisa tra il mondo dello spettacolo e quello della cronaca nera: la donna o è bella, maliziosa, vincente e spregiudicata o è vittima. Tertium non datur. Secondo l’indagine è quindi associata ai temi dello spettacolo e della moda (31,5%), della violenza fisica (14,2%) e della giustizia (12,4); quasi mai ai temi della politica (4,8%), alla realizzazione professionale (2%) e all’impegno nel mondo della cultura (6,6%);
            nei programmi di approfondimento la conduzione è in mano agli uomini nel 63% dei casi e quando le donne intervengono in qualità di «esperte» lo fanno soprattutto su argomenti come l’astrologia, la natura, l’artigianato e la letteratura;
            paradossalmente sono le fiction ad offrire un’immagine più realistica della donna: le protagoniste delle storie sono donne che si sono realizzate nel mondo del lavoro (donne medico, magistrato, avvocato, commissari di polizia) o dotate di grandi qualità umane, capaci di assumersi importanti responsabilità nell’ambito del contesto in cui operano;
            premesso, inoltre, che la situazione non appare migliore per quanto riguarda la rappresentazione della figura femminile sulla carta stampata. L’indagine ha rivelato come il linguaggio legato agli stereotipi, proprio della comunicazione televisiva indirizzata ad un pubblico indistinto, sia purtroppo lo stesso usato per la pubblicità che appare sui quotidiani, sulle riviste femminili ed anche sui settimanali di informazione politica e di attualità, apparentemente indirizzati ad un pubblico più selezionato rispetto a quello televisivo;
        considerato che:
            in un documento approvato, il 2 marzo 2004, dal Comitato di autoregolamentazione TV e minori, sulla «Rappresentazione della donna in televisione» si denuncia «la riduzione dell’immagine femminile alle sue caratteristiche ed attrattive sessuali» e come «le modalità prevalenti, soprattutto nell’intrattenimento e nella pubblicità, restano quelle dell’ammiccamento erotico spesso volgare, specialmente fastidioso per l’effetto cumulativo»;
            in questo documento il Comitato TV e minori denunciava una preminente identificazione della donna con una funzione di sollecitazione sessuale del telespettatore-consumatore ed il richiamo ossessivo alla perfezione della bellezza femminile, che sembra legittimare, soprattutto per le giovani menti indifese, l’idea che la realizzazione delle persone, ed in particolar modo delle donne, passi inevitabilmente attraverso la ricerca della perfezione estetica ad ogni costo. Solo chi è bello ha diritto di esistere: è questo il desolante messaggio trasmesso troppo spesso dalla televisione;
            è evidente l’effetto di questi messaggi, ripetuti all’infinito, sui bambini e sugli adolescenti: i bambini di oggi e i ragazzi di domani non potranno che considerare la donna essenzialmente come un «corpo», mentre le bambine e le ragazze saranno perennemente alla ricerca ansiosa ed ossessiva di un bel corpo da usare come arma di seduzione e come biglietto di ingresso nel mondo dello spettacolo;
            a conclusione del documento il Comitato TV e minori rivolgeva quindi un invito alle emittenti a prestare maggiore attenzione ai modi in cui vengono rappresentate le donne, soprattutto nelle pubblicità e nei programmi di intrattenimento, a favorire l’accesso delle tante straordinarie competenze e dei talenti femminili nel campo dello spettacolo affinché anche in questo campo potessero emergere l’intelligenza e la creatività delle donne piuttosto che il mero apparire ed, infine, ad individuare spazi specifici di critica televisiva relativa agli argomenti di interesse educativo per i minori;
            l’invito del Comitato TV e minori è rimasto purtroppo disatteso;
            inoltre, la Commissione bicamerale per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, il 30 luglio 1997, formulò un atto di indirizzo rivolto alla RAI con il quale invitava la stessa ad individuare le iniziative necessarie allo scopo di promuovere, al proprio interno, l’acquisizione di poteri e responsabilità da parte delle donne, in particolare attribuendo a uomini e donne uguale chance di carriera ed uguali possibilità formative e ad individuare le iniziative necessarie allo scopo di non trasformare la rappresentazione delle differenze di sesso e di genere in fattore di discriminazione individuale, culturale e sociale;
        considerato infine che:
            nonostante negli ultimi anni sia aumentato il numero delle professionalità femminili all’interno del sistema radiotelevisivo pubblico (le giornaliste, le conduttrici, le inviate nelle zone di guerra), i posti di potere all’interno del sistema restano appannaggio degli uomini;
            persiste una rappresentazione mediatica della figura femminile tristemente disancorata dalla realtà, in palese e stridente contrasto con i ruoli importanti ricoperti dalle donne negli ambiti professionali, sociali, culturali, familiari;
            tutte le espressioni di discriminazione e di svalutazione della figura femminile sono tanto più gravi in quanto hanno un impatto negativo sulla promozione delle donne nel lavoro e nella carriera,
        impegna il Governo:
            ad assumere le iniziative necessarie affinché il sistema radiotelevisivo pubblico, che rappresenta lo strumento principale di diffusione della conoscenza, svolga un’opera di sensibilizzazione al rispetto della diversità di genere e della dignità delle donne, finalizzata ad una corretta rappresentazione della figura e del ruolo delle donne ad alla rimozione di espressioni di discriminazione e degli stereotipi, lesivi della dignità delle stesse;
            a promuovere campagne di informazione finalizzate alla diffusione ed alla valorizzazione del lavoro e delle opere delle donne nei campi artistico, culturale, scientifico e politico e ad adottare campagne di sensibilizzazione nelle scuole, in particolare nella scuola secondaria, per aiutare i giovani a difendersi dai messaggi discriminatori nei confronti delle donne e per evitare così il perpetuarsi di stereotipi che danneggiano le donne e il ruolo femminile nella società;
            a promuovere l’acquisizione di poteri e di responsabilità da parte delle donne (empowerment) in tutti i settori della vita produttiva e sociale, in particolare nell’ambito dei media, con azioni antidiscriminatorie mirate, per il reale accesso delle donne alle posizioni dirigenziali nel sistema radiotelevisivo pubblico al fine di favorire la presenza femminile nelle posizioni apicali delle testate giornalistiche televisive pubbliche, e, più in generale, del sistema radiotelevisivo pubblico, in modo da incidere sulle scelte editoriali e di palinsesto e quindi sull’immagine complessiva delle donne offerta dalla televisione pubblica.

 


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